domenica 19 gennaio 2014

questione depuratore - fuori dal coro

Lunedì 13 gennaio in discussione la questione depuratore.
Il dibattito, sollecitato dalla popolazione di San Rocco, o almeno dalla sua componente più attiva, è un po’ al di sopra delle competenze del consiglio comunale. Nonostante Monza sia il capoluogo di provincia, questa discussione andrebbe fatta con la partecipazione di tutti i comuni briantei che utilizzano quella macchina di filtraggio acque reflue, che fu chiamata (in modo poco pertinente) ”Depuratore di San Rocco”. Nonostante ciò e nonostante la politica si dimostri, in alcuni casi, arrogante e forzatamente sospettosa verso analisi e studi tecnici di fior di professionisti, in consiglio, con semplici parole e qualche termine tecnico ci hanno spiegato come evolverà questa complessa macchina. Da un lato punta ad adeguarsi ai sempre più stringenti parametri normativi relativi ai valori di impurità dell’acqua purificata da riversare sul Lambro, dall'altro, avvia un rinnovamento tecnologico che possa garantire la sostenibilità economica sia dell’investimento che del periodo a regime. In questo contesto si inserisce un intervento che nulla ha a che vedere con la “macchina di depurazione” (core business dell'impianto), piuttosto cura un aspetto di contesto ambientale in cui essa si trova oggi ma non quando la stessa macchina fu concepita e realizzata.
Proviamo a ripensare ai tempi in cui il depuratore fu realizzato, negli anni ‘60. Mi domando, chi ha progettato il depuratore, oltre a pensarlo all'avanguardia in termini tecnologici, avrà pensato di costruirlo in modo da non dar fastidio alla città urbanizzata? Avrà pensato all'impatto che questo tipo di infrastruttura avrebbe avuto sulle aree ad esso adiacenti? Direi di si, rafforzo questa certezza anche dopo aver ascoltato tecnici competenti ai quali oggi è affidato lo studio e la valutazione dei progetti di miglioramento. Non posso dubitare pertanto che i progettisti di allora non siano stati altrettanto preparati ed attenti al punto di non valutare questi aspetti. Immaginando Monza di quei tempi, si può pensare a quella zona come una zona decisamente fuori dal contesto urbano e dunque idonea per quell'insediamento.
Cosa è successo dunque? Durante questi 40 anni, il fattore urbanizzazione è stato determinante per far nascere ed alimentare il malessere popolare generato dal cattivo odore emanato dagli impianti di depurazione. Due fattori per nulla emersi nella discussione sono, a mio avviso, da non sottovalutare:
1. La massiccia urbanizzazione di in tutta la Brianza ha fatto di certo incrementare i volumi di acque reflue da gestire raggiungendo i limiti fisici del depuratore.
2. L’urbanizzazione delle zone prossime al depuratore, dove necessità residenziali, interessi e speculazioni private, nonché scarsa visione strategica da parte degli amministratori, hanno consentito che si costituisse un fitto tessuto urbano proprio li dove gli odori ed i rumori hanno alta probabilità di essere percepiti.
Pertanto, la maggiore attenzione cui oggi siamo chiamati a prestare nell'ammodernamento di questo sistema di depurazione, è strettamente legata all'abbattimento degli odori che si propagano in zona. E’ ingenuo pensare che tale maggiore attenzione non abbia ripercussioni sui costi di gestione e di progettazione.
Tutto ciò mi porta a dire che le scelte amministrative, seppur rispettose della normativa, del buon senso, sono sempre da valutarsi in termini strategici, di lungo, lunghissimo respiro. Una visione cieca che punti alla soddisfazione di bisogni immediati, magari di pochi e non valuti le necessità delle future generazioni, rappresenta un debito che prima o poi dovrà essere pagato.
Oggi quel debito lo stanno pagando i residenti di San Rocco a causa delle zaffate maleodoranti emanate dal depuratore e la comunità intera a causa dei maggiori costi da sostenere per abbattere le puzze che si generano.

dal blog del Gruppo Consiliare